martedì 19 dicembre 2006

Il Teatro di F(ubu)nacci

UBUSETTETE
[ANNO 4 NUMERO 1, INVERNO 2006]
1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89,...
La magnifica esplosione antropologica che diede vita, chissà dove o quando, a quest’evento geroglifico e astratto che è il Teatro, sèguita ad infervorare attori, scrittori, scenografi, luoghi, comunità e registi, eppure... eppure il gesto politico nato a disordinare e riformare senso all’interno della società; la voce drammaturgica che ha la funzione di organizzare quelle ragnatele logiche e linguistiche nel contesto delle quali si possa sfogare la compressione e l’ingiustizia sociale; l’immagine del mondo utopico ma più vero della realtà, sembrano oggi perdere il ritmo. La Legge di Fibonacci, che architetta il conoscibile anche attraverso il Teatro, viene imbrigliata dalla mafiosa e demente spirale di Ubu, cosicché il sacro venga seppellito nel vendibile, cosicché non si possa conoscere né ri-conoscere più nulla! I teatranti allora, da sempre votati al crocicchio ipocrita del far da tramite tra linguaggio, senso, idea e movimento, si trovano oggi accaparrati sotto logiche di mercato che tutt’altro hanno a vedere con la filosofia scenica e molto hanno a che spartire con l’universo spettacolare del commercio televisivo. I teatri infiorettano un Cartellone da palinsesto, con cabaret, nomi di richiamo, serate usa-e-getta, coloriture colossali... e il pubblico? L’obiettivo risuona sempre più nelle urla di Padre Ubu (veggenza di Alfred Jarry sulla deriva): “L’uncino da Finanza strapperà a tutti le onecchie, permettendo la giusta sordità per attivare la macchina del decervellamento e tramutare ciascuno in devoto Palotino”....
“Tutti in marcia al Coro di Viviamo in Scatole di Latta, il Sabato usciamo, e tutti assieme urliamo
EVVIVA Père Ubu!”. Ogni teatrante cambia carnagione e s’imbeve delle tonalità verdi e marroni della Merdre a spirale del grande padrone della Patafisica; il moto vorticoso in apertura che il nostro agire vorrebbe seguire, la legge di Fibonacci che ogni maestro del Teatro ha spinto ad evolversi, si ripiega su se stessa e diviene una spirale nazista, rivoltata e ribellata nel verso contrario: ci troviamo a lavorare con scrittori dalle dita levigate, che elaborano al conto lineare del 1,2,3, suddividendo i testi in Capitoli, Cartelle, Colpi di Scena....(Mentre vorremmo gli 1-1 battaglieri degli ipertesti dei Raffaello Sanzio); si montano e smontano in ogni teatrino, a ritmo Tylorista, scenografie di mobilio, pensate da paesaggisti come fondali di una qualsivoglia parola urlata, senza volume, movimento od azione di idee.... (ma aspiriamo al 2 e 3 della rivoluzione sempre viva di Peter Brook); gli attori-doppiatori arrivano al palco come eterni provinandi, in attesa di essere scelti e mai pronti, svuotati di training, di allenamento quotidiano, di propositività vitale ed invadente; i registi borghesi sono allenati come conduttori o animatori da villaggio turistico, apprendendo a ordinare e capitanare gli oggetti della scena, senza alcun linguaggio comune con le altre maestranze del teatro, senza progetto, percorso, estetica e politica (e vorremmo essere coraggiosi quanto la scelta Il Teatro di F(ubu)nacci 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89,... La drastica di un 13 Grotowskiano)... numeri? No, salti in avanti, stimoli, disciplina della crescita! UbuSettete, con i suoi molti ospiti e partecipanti, da anni gioca con il Teatro ufficiale, lo sfotte e sfugge, dando spazio al suo interno a grandi e piccoli artisti che ricercano e studiano l’atto teatrale. Ma l’agire di questa ampia rete segue il ritmo apparentemente scordinato e caotico della regola del matematico pisano Leonardo Fibonacci, un moto naturale ed avveniristico, che preme sulla realtà per crescere continuamente, senza mai arrestarsi. Eppure quasi tutti i componenti di questa Rete di appassionati e professionisti sono costretti a vivere il Teatro come ‘Dopo-Lavoro’, come ripiego e investimento economico... Vince su tutto la linea della semplicità e se non si prende il ritmo del 4/4, se si dona a se stessi la scelta della Ricerca e del Pensiero, si sfugge da ogni dinamica produttiva ed annulla il gioco della Produzione Artistica... Il Teatro di Fibonacci (quello scandito da Mejerchol’d, massaggiato dalle vibrazioni di Demetrio Stratos e Diamanda Galas, preservato in giro per il mondo da Eugenio Barba) fa decadere ogni contributo Enpals, i Diritti d’Autore della Siae, le gerarchie teatrali e chiaramente NON conviene. Si ospita come un parente deforme, banale oggetto museale (come la ripubblicazione delle registrazioni di Carmelo Bene, o la presentazione all’Università del Principe Costante), di cui sicuramente vantarsi ma da non finanziare o rinvigorire.
La ricerca si nasconde, i teatri chiudono o si piegano alle richieste del mercato e i teatranti sono sempre più hobbisti. È contro tutto questo Ubu Settete crede alla Resistenza in ogni luogo e tempo, nel nome della legge Fibonacci, come gesto da bombarolo anarchico che saltuariamente faccia dirompere il suo marchingegno teatrale, nella speranza di crinare la Cornucopia cittadina, esplodendo quel CornoVentresca di un Ubu! Il pubblico, potente ago d’equilibrio di questo sistema del linguaggio, deve accogliere con cultura e compartecipazione questo gesto rivoluzionario, mettendosi anch’esso, come questi autori, a giocare ad Acchiappa-Settete!
con il terribile Ubu... partigiani che vanno sostenuti, nel segno intelligente di Amnesia Vivace, nella resistenza culturale degli Olivieri Ravelli, nel ricrearsi della scrittura del Circo Bordeaux, e le molte altre voci che smuovono la rete romana, come Area 06, TeatrInMovimento, Forum degli Artisti, ecc. Tentiamo assieme, teatranti e pubblico, il salto al ritmo forsennato della Pizzica di Fibonacci, perchè la trance dei Tarantolati è il nostro profondo richiamo alla cultura teatrale ed è importante resistere assieme, nel nome della Ricerca, per non essere mai accoppati dal decervellamento di Père Ubu... in ogni teatro, al centro di Roma come nelle periferie siate
giocatori-strategici: “Ubu-Settete!”

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