domenica 6 giugno 2010

Tra un mese Ygramul torna in Mongolia

Articolo sullo Spettacolo SAYNBANO' GODOT - 17-04-2010

E' sabato sera, affronto il traffico romano e mi dirigo verso S. Basilio, uno
dei tanti quartieri periferici di questa città apparentemente senza confini.
Giunta al termine di una lunga discesa, raggiungo il Teatro Ygramul, zona di
frontiera, luogo di incontri e di sperimentazioni. Non si tratta del mio primo
viaggio in terra straniera: i colori, le facce e le voci di questo popolo
raccolto, paradossalmente nomade e stanziale al contempo, mi sono noti, si
potrebbe dire familiari.
E' l'occasione, questa volta, ad essere diversa…
.…Saynbanò Godot…a fondere cultura occidentale e orientale e a dare inizio al
cammino che da Roma, porterà verso la Mongolia. Nel solco del teatro
antropologico, guardando al Terzo Teatro di Eugenio Barba, gli Ygramul le
MilleMolte hanno già lasciato le loro impronte in Amazzonia, in Malawi e a
Bali. I loro viaggi si configurano come veri e propri baratti culturali in cui
le metodologie attoriali conosciute, vengono messe in discussione al fine di
acquisire una sapienza teatrale e culturale differente; ma il viaggio non è
solo questo, è anche la concretizzazione di un preciso atto politico. Tematiche
sociali non trascurabili, ma sempre più spesso trascurate, guidano il lavoro di
ricerca del gruppo, che si reca proprio lì dove ne trova maggior conferma.
Così, negli anni, sono nati i confronti fra una malattia come l'Aids e le
popolazioni del Malawi, tra la pedofilia, il turismo sessuale infantile e la
gente di Bali. A guidare lo studio di quest'anno sarà l'opposizione tra
nomadismo e stanzialità, tema che interessa da vicino la Mongolia la cui
popolazione risente, specie in questi ultimi decenni, del passaggio dal
nomadismo all'urbanizzazione. Secondo questa chiave di lettura, il riferimento
alla drammaturgia beckettiana, appare tutt'altro che casuale. A partire dalle
parole del drammaturgo irlandese prende vita l'opposizione tra l'eterna attesa
di quei personaggi che reiterano i propri gesti senza sosta, perdendone via via
il significato in una ciclicità anti-identitaria, e il pensiero Nomade, per cui
il viaggio ripetitivo e circolare, non annulla l'identità comunitaria, ma ne
diventa al contrario il garante assoluto. La scrittura drammaturgica di Vania
Castelfranchi, attore e regista, nonché ideatore del progetto, si costruisce in
itinere. Sin da questo primo studio il testo è soggetto a tradimenti
linguistici volti a superare la relatività del significante: termini italiani,
inglesi, francesi e mongoli si alternano senza nulla togliere alla comprensione
di chi ascolta, mentre i tre attori ripetono sequenze gestuali frenetiche, dal
ritmo incalzante. La scenografia, curata da Fiammetta Mandich, è essenziale
così come richiede il testo. C'è l'albero beckettiano, che qui porta i segni
del Teatro Ygramul (le instancabili libellule), e al centro del palco, a
simboleggiare i resti della gloriosa storia dei Nomadi Mongoli, una sorta di
piccolo carro chiamato Holgay, la cui funzione in ambito urbano, non è più
quella del viaggio, ma quella del solo commercio o del trasporto di un
oggettistica sterile e minimale. Si aggiungano una colomba di gomma piuma, una
penna da cui quasi per magia viene fuori un fiore, le valigie di Pozzo, le rape
e le carote di Didi e Gogo. Tutto assume una coloritura smaccatamente
clownesca, movimentata da semplici effetti illusionistici: fazzoletti
multicolore escono velocemente dalla bocca e scompaiono in un attimo nelle mani
sapienti di chi è capace di illudere. Una scelta, questa, che potrebbe
perplimere lo spettatore troppo affezionato ai chiaroscuri del testo, ma, in
guardia! : non siamo di fronte ad una fedele messa in scena, non è questa la
finalità del gruppo; in più, ciò che mai bisogna perdere di vista, è il
pubblico a cui sarà diretto questo primo germe spettacolare, un pubblico, dirà
lo stesso Vania alla fine dello spettacolo, che ama molto i giochi
illusionistici. Gli interpreti, Valentina greco (Vladimir), Martina Vecchione
(Estragone) e Gabriele Tacchi (Pozzo e Lucky), sono perfettamente in sintonia
tra di loro. Un plauso particolare va alle due attrici, attente ai ritmi, alle
variazioni della micro mimica facciale e all'interazione attoriale. Secondo le
previsioni, il viaggio in Mongolia avrà più o meno una durata un mese e mezzo,
a luglio e metà agosto 2010. Ciò che ci si aspetta al ritorno del gruppo è la
maturità data dall'esperienza, dalla riflessione e dall'insegnamento di una
terra altra.. a rimarcare i confini, solo dopo averli realmente attraversati..
Buon viaggio ragazzi!


Francesca Bini

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