domenica 13 marzo 2011

Recensioni di GODOT

"Godot", spettacolo antropologico sullo scontro tra civiltà
Al teatro Ygramul si è svolta la prima di uno spettacolo di rara profondità.
Si tratta di "Godot", diretto da Vania Castelfranchi, un'opera che s'ispira al
testo di Becket trasponendolo, però, nella condizione attuale del popolo
mongolo.

Le attrici protagoniste interpretano persone di razza mongola che si trovano
sul limen tra due civiltà. Lo spazio scenico è ridottissimo, una sorta di
capanna di legno che simboleggia la gher, la tipica abitazione mongola, ma più
di tutto si trasforma nel non luogo per eccellenza, un'astrazione della mente
che galleggia nel tempo. Tra loro s'intrecciano comici dialoghi del non senso
che fanno perno su piccoli rituali, danze, oggetti della tradizione.

La scrittura del testo e la successiva realizzazione dello spettacolo sono
frutto di un lungo percorso di ricerca antropologica operata dai membri della
compagnia. Lo scontro lacerante tra due civiltà si tramuta nella storia
circolare di due personaggi dell'immaginazione che intravedono ed agognano
Godot, simbolo della civiltà dell'industria e del tempo lineare, pur temendolo.
Sofisticate e divertenti le caratterizzazioni di Didi e Gogo, che non possono
definirsi dei veri e propri personaggi, ma sfiorano la caricatura, divenendo
delle astrazioni che ben s'adattano al luogo immaginifico tratteggiato dal
regista.

Si ha la sensazione, tuttavia, che lo spettacolo sia ancora in fieri, una
massa multiforme che necessita di una definizione più precisa, di un perimetro
netto che la riduca e le conferisca più pregnanza. Resta, comunque,
affascinante l'idea qui suggerita che un'opera artistica, in questo caso"
Aspettando Godot", sia un archetipo, una struttura atemporale ed imperitura,
strumento dell'antropologia, sempre riconducibile ed adattabile ad infiniti
contesti storici.

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